Miniesercizio – 74 – Troppe parole in banca


Anche oggi vi proponiamo il Miniesercizio!
Questo tipo di esercizio ha l’ambizione di sviluppare la fantasia dello scrittore attraverso un approccio visivo di tipo statico, appunto una fotografia.
L’aspetto di osservazione è fondamentale in quanto bisogna essere in grado di raccontare ciò che si vede a qualcuno che appunto non vede quel che guardate voi. E non è semplice farlo in modo originale e credibile.
Inoltre con i tre parametri definiti ogni volta diversi proponiamo una “confusione” mentale che può far scaturire una storia che non immaginavate neanche di poter pensare.
Per concludere il limite di parole, che vi obbliga a non dilungarvi in concetti relativamente inutili o ripetitivi e a concentrarvi su un buon contenuto.
Inventate una storia tra le 10 e le 200 parole avendo a disposizione:
– Una banca
– Una donna logorroica
– Un mouse che non funziona
– La foto seguente
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 Scrivete la vostra storia qui sotto nei commenti! Buon divertimento!

 

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21 pensieri su “Miniesercizio – 74 – Troppe parole in banca

  1. Disperato l’impiegato cercava di fare ripartire il mouse.
    L’operazione scadeva tra pochi minuti e la cliente gli aveva riempito la testa di chiacchiere.
    10000 € li, 8000 là, 15000 € sul fondo ventura capital. E soprattutto incensazione senza fine sul nuovo governo che avrebbe abbassato le tasse. Ovviamente le avrebbe aumentate per i miserabili. Gente che succhia il sangue e che non poteva falsificare le dichiarazioni…a cosa serve.
    Lei grande professionista sì che era una persona valida.
    Fu salvo quando nella banca scoppiò la bomba portata lì da un nero, forse pure islamico. E davanti a lui apparve il corridoio porticato che conduceva al giudizio finale.

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  2. Credevo di essere in banca…. Ma che ci faccio qui in questa strada di cemento e volte…. Aiuto… Vuoi dire che sto diventando una donna logorroica più della mia vicina e mi sto ingolfando il cervello da sola????? Sono come un vecchio computer col mouse che non funziona più. Ho bisogno di ferie.

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  3. Kate era in ritardo per uno stupido mouse. Era mezzogiorno e stava terminando il lavoro a computer prima di iniziare il turno in banca delle tredici, quando il mouse decise di soccombere. Doveva terminare il lavoro per l’indomani e non aveva tempo nel pomeriggio. Si fiondò alla Trony. Attaccò pezza con Fabrizio. “Salve, dovrei comperare un mouse e non so scegliere. Questo rosa è fighettino e quello nero è serio, non mi si addice.” Fabrizio, rispose: “Signora, è solamente un mouse. Può optare per un colore neutro”. Kate non si convinse. “Si, ha ragione, ma si deve abbinare alla casa. Non voglio sembrarle scortese, ma per me è molto importante. Vita o morte. Ed io, beh, non vorrei morire, e lei…  non mi vuole sulla coscienza! 🙂 Fabrizio si arrese. Kate notò una signora alla cassa, con un mouse verde acceso e coccinelle sopra, corse come una saetta e le fregò di mano il mouse. “Mi scusi, è mio, Fabrizio le spiegherà tutto. Lo pago e le auguro buona giornata. Suvvia non sia triste per un mouse, sa com’è, morto un papa se ne fa un altro”. Kate pagò velocissima e si recò di corsa in banca correndo per i portici.

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  4. Viviana camminava in silenzio sotto il porticato, immersa nei suoi pensieri, quando fu affiancata da Clelia, una vecchia amica.
    «Hai sentito di Ely?»
    Viviana la guardò di sbieco. “Che me ne importa di Ely” pensò senza rispondere.
    L’amica cominciò a raccontare che Ely aveva piantato il compagno o forse era vero il viceversa ma non lo sapeva.
    «Ora è disperata. Vorrebbe tornare indietro» disse seguito da un nuovo effluvio di parole.
    Viviana continuava a camminare svelta senza ascoltare quel fiume di lettere che entrava da un orecchio per transitare veloci nell’altro prima di perdersi sotto il porticato.
    Arrivata i fondo si accorse di aver superato l’ingresso della banca. Doveva sbrigarsi se voleva pagare quel F24 che scadeva nella giornata odierna.
    «Ciao» disse secca Viviana, girando i tacchi.
    Infilata la porta della banca, superata bussola dopo il rituale ‘è pregato di depositare gli oggetti metallici nell’apposita cassettiera’, finalmente era di fronte alla cassiera, una belloccia un po’ svampita.
    Allungò il modello e dettò il numero di conto.
    «Mi dispiace deve tornare» disse la ragazza con lo sguardo acquoso e la mano sul cartello ‘chiuso’.
    «Perché?»
    «Il mouse non funziona» e chiuse la cassa.

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  5. Mi sveglio di soprassalto. La sveglia non ha suonato o forse non l’ho sentita, troppo tardi per la colazione prendo solo un caffè che, inavvertitamente, rovescio sulla camicia bianca fresca di bucato. Perdo l’autobus, quello dopo mi lascia lontano dalla mia fermata. Scendendo inciampo e il tacco della scarpa si incastra da qualche parte. Non riesco a liberarlo se non spezzandolo. «Meglio senza tacco che senza scarpa» penso. Zoppicando, ma correndo visto il ritardo, mi faccio tutti i portici fino all’ingresso della banca. Il pavimento lucido favorisce una mia caduta, mi rialzo in fretta e noto una smagliatura nella calza. Arrivo all’ingresso e un cartello mi annuncia che la porta è bloccata e l’entrata è dalla parte opposta. Timbro in ritardo, il capo mi guarda storto «Cos’è, un vizio?» sembra dire. Mi siedo alla scrivania ingombra di mille scartoffie, ne sposto alcune. Il mouse cade, arretro nel tentativo di raccoglierlo, ma ci passo sopra con la rotella della sedia. Lo riduco in cinquantacinque pezzi. Si, cinquantacinque pezzi che conto uno a uno, nell’illusorio tentativo di rimetterlo in sesto. Sento un fiotto di lacrime farsi strada e uscire dai miei occhi, non trovo un fazzoletto per tamponarle. Un pensiero insistente si fa largo nella mia mente: «perché hanno alzato l’età pensionabile?»

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  6. la sua vicina era troppo logorroica: lo stava tempestando di vuote frasi da ormai dieci minuti, lì sul pianerottolo di casa e lui che aveva fretta, doveva passare dalla banca prima di partire per Roma.
    Doveva affrettarsi: in aeroporto doveva esserci entro un’ora!
    Basta ho premura! Si liberò dagli sproloqui della donna, si precipito lungo le scale e prese a camminare veloce lungo tutto il porticato che dal palazzo dove abitava lo portava direttamente all’entrata della banca doveva disporre un bonifico per pagamento urgente. Guadagnò il primo sportello libero, parlò con l’addetto. L’impiegato armeggiò col suo computer muovendo in su e giù un vecchio mouse che spostava il puntatore sul video con uno scarto di tempo infinito! Perché un cambi quel maledetto aggeggio!
    Niente da fare. i minuti passavano inesorabili.
    Arrivò all’aeroporto in grosso ritardo, si precipito all’uscita per l’imbarco indicata sul display sul quale appariva la scritta CLOSED.
    No, no maledizione: vide l’aereo rullare sulla pista, prendere velocità e… piegarsi su di un lato, urtare l’ala contro l’asfalto e prendere fuoco, in un attimo il boato squarciò l’aria.
    Nella carlinga, l’unico posto libero e vacante era quello destinato a lui.

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  7. Pensavo di poter fare l’operazione online, da casa, al calduccio, soprattutto oggi con questo tempaccio..e invece il mouse non funziona. Niente, nessun segno di vita. Sono le 12.15. Esco di corsa e percorro i portici freddi e grigi che mi portano alla banca e chi mi trovo lì? La solita rompiscatole, una donna sulla settantina logorroica a non finire che parla, parla e parla ancora, fa domande su interessi e percentuali senza nemmeno capire le risposte del povero impiegato. Guardo il mio orologio che ormai segna le 12.25. Ancora 5 minuiti e la banca chiude. Sale l’ansia e il nervoso e l’ira prende il sopravvento. Sbraito come una matta contro la signora, che si mette a piangere. Che figuraccia. Io mi sento in colpa. Riesco a fare la mia operazione alla cassa e prelevo anche qualcosa in più per iscrivermi ad un corso di yoga.

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  8. Sotto il portico, vicino alla banca, sapeva che c’era un negozio di computer. Pioveva e il marmo del portico era scivoloso ma, rischiando di cadere con mano la borsetta, la ventiquattrore e anche il mouse, con il filo penzolante quasi trai piedi, correva a perdifiato. Arrivata al negozio si guardò intorno desolata – in banca l’aspettavano per la riunione e non aveva molto tempo – doveva prendere il numero. Solo due prima di lei. Bene il primo aveva già finito. Al bancone una signora di mezza età che cominciò a spiegare il suo problema. Non lasciava rispondere neanche il commesso. E parlava, parlava. “Santo cielo, una logorroica, questa non ci voleva proprio”. La signora era ormai giunta alla descrizione dei suoi meravigliosi nipotini al mare e il commesso, intento a giocare a un video game, faceva finta di ascoltarla annuendo con la testa. Nessuna riparazione per il mouse: ne prese uno nuovo confezionato. Si diresse risoluta verso la cassa. Pagò uscì, corse fuori soddisfatta, corse in banca trafelata. Corse in corridoio e inciampò malamente. La collega Rossi passava. Si avvicinò guardandola dall’alto e le chiese come mai correva così. La riunione era stata rimandata. Non lo aveva saputo?

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  9. Louise picchiettò le dita sulla busta, la spinse sotto al naso dell’impiegato e scandì lentamente le parole “ingente somma di denaro”. L’uomo la ignorò, continuando ad armeggiare con il mouse.
    – Vorrei depositare questa ingente – somma – di – denaro. Per favore.
    Strizzò gli occhi per leggere meglio la targhetta.
    – Gerald. Giusto? Il tempo è prezioso, Gerald. Soprattutto quando hai 40 anni, non hai un fidanzato e il tuo lavoro fa schifo.
    Gerald le lanciò una rapida occhiata e continuò a fare quello che stava facendo.
    – Mi dica Gerald, lei quanti anni ha? È sposato? Le piace il suo lavoro?
    Gerald fece un lungo respiro, prese il mouse e lo scagliò nel cestino. Si alzò, si raddrizzò la giacca, prese i contanti dal cassetto sotto la scrivania e raggiunse Louise dall’altra parte dello sportello.
    – Venga…
    – Louise.
    – Venga Louise. Anche io ho 40 anni, non ho una fidanzata e il mio lavoro fa schifo. È pronta?
    Gerald la trascinò fuori dalla banca.
    Con l’allarme nelle orecchie e inseguiti da due poliziotti, i due corsero sotto ai portici di una fredda Parigi, mano nella mano, come i protagonisti di un vecchio film di Truffaut.

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  10. Le nove in punto.. Il tailleurs è obbligatorio in banca, soprattutto per il direttore… Si sono io il nuovo direttore della prestigiosa filiale di Milano, quasi non ci credo nemmeno io.. questa promozione è stata veramente improvvisa; era il giorno del mio compleanno e mi ricordo la piccola festicciola con i colleghi dell’ufficio nell’ora di pausa.. “buon compleanno Vittoria” Luisa è sempre stata una buona amica. “grazie cara, trentaquattro anni.. Sono veramente una vecchietta..” “non dirlo nemmeno sei uno splendore, vedi come ti sta guardando Luca, io quando ci sei tu divento invisibile” la mia amica sapeva sempre come farmi sentire bene. “signorina Vittoria..” il direttore si avvicina con il bicchiere di spumante sulla mano destra e un grosso pezzo di torta sulla sinistra… “auguri” “grazie direttore, le piace la torta?” il direttore un uomo di circa cinquant’anni alto e longilineo, folti capelli brizzolato, non disdegna mai un dolce. “certo molto buona, l’ha fatta lei.?” io arrossisco “no mia madre è la cuoca” “allora faccia I complimenti a sua madre.. A proposito di complimenti, le faccio i miei per la sua promozione..” il suo sguardo si fermava sul mio con aria interrogativa, mentre io trattenevo il respiro pensando di non aver capito bene. “la mia promozione?” “si non è contenta? La direzione mi ha comunicato ora la notizia..” E così eccomi qui a camminare lungo questi portici prestigiosi per raggiungere il mio nuovo ufficio. Spero di essere all’altezza dell’incarico, c’è la metterò tutta e mi farò voler bene dal personale, perché io sono così.. L’entrata della banca è trionfale, qui nessuno mi conosce ancora. La prima tappa sarà l’ufficio del direttore uscente, sarà lui a presentarmi a tutti gli impiegati. Sono entrata il pavimento in marmo lucidato a specchio mi mette una certa soggezione.. Cammino a passo deciso verso il bancone, chiederò all’impiegato della cassa indicazioni. “questa banca non sa chi sono io” le urla sono quelle di una donna sui sessant’anni che urla a un impiegato che impacciato sta cercando di riportare la signora alla calma fingendo il malfunzionamento del mouse. “buongiorno signora” penso che il primo compito di un direttore di banca sia capire le richieste della clientela. L’impiegato mi guarda con aria interrogativa. “sono la direttrice, dica pure a me, qual è il problema?” ora sia l’impiegato che la signora sono esterrefatti. La signora adesso ha cambiato tono, ma capisco che è una persona logorroica, ma non importa io saprò trovarle una soluzione. Dopo circa un quarto d’ora la signora è convinta e io con un sorriso a trentatré denti posso congedarmi e raggiungere l’ufficio del collega.

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